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mercoledì 10 novembre 2010

Gli Annali Guarnieri - Bocchi (1745 - 1848) libro di Giuseppe Pastega




INTRODUZIONE

Nel generale processo di formazione del “moderno”, cioè della civiltà che in Europa si definisce e si afferma fra XV e XVIII secolo, un posto tutto particolare occupano una serie di scritti personali e familiari, libri di conti, note varie di casa, e poi le memorie che ne derivano, di volta in volta dando voce a interessi e intenzioni di personalità diverse; assumendo poi, a seconda dei diversi svolgimenti, tra l’altro le vesti del racconto autobiografico oppure quelle, su altro versante, della registrazione diaristica, annalistica, degli eventi grandi o piccoli di cui ci si fa testimoni.

Nella tradizione adriese, custoditi fra le carte dell’Archivio Comunale, troviamo un cinquecentesco quaderno di note e conti domestici di tale Bartolomeo Grotto, ma subito poi i ben più rimarchevoli “Annali Adriesi” di Alfonso Bocca stesi ai primi del ‘600, pubblicati da chi scrive nel 1985; le scritture storico- archeologiche suggestive ma approssimative di Arcangelo Roncagallo, di Giovanni Mecenati (in realtà finite -chissà come- alla Biblioteca Ariostea di Ferrara), di Francesco Casellato (perdute, queste), quella ecclesiastica di Ippolito Bocchi, per finire con un lunghissimo testo settecentesco autobiografico- autoapologetico di Giovanni Modenesi. Né va dimenticata la cura di chi, come Ottavio Bocchi, dà inizio nel ‘700 alla raccolta di testimonianze e documenti relativi alla storia antica e recente della Città.

E’ appunto nel ‘700 che prende corpo progressivamente la coscienza della grandezza antica della Città, e con questa la volontà di documentarla e testimoniarla per giustificarne anche l’importanza attuale. I tre volumi di documenti messi insieme da Ottavio Bocchi costituiscono il riferimento originario della generale storia adriese. Fin da questo momento, inoltre, si determina quella sorta di condivisa intenzione, di partecipe affinità civile e culturale nel raccogliere e illustrare le memorie storiche della Città, che fa tutt’uno con l’orgogliosa rivendicazione delle glorie del passato e alimenta quella del ruolo presente. I cittadini più attenti e impegnati in tal senso trovano le ragioni del prestigio cittadino nella duplice scaturigine che fa di
Adria il centro più nobile del territorio, e poi della Provincia: la gloriosa antichità, da un lato, e il titolo e il ruolo di sede vescovile, dall’altro.

Nasce un senso di particolare comunità, e di singolare eredità civile e culturale, con “passaggi di testimone” che assicurano continuità e, in certo modo, anche omogeneità nella registrazione delle memorie attraverso quella di fatti, cose, persone.

Come si sa, questa spinta alla rammemorazione, con caratteri variamente specifici, è ben diffusa in molti territori della Penisola; qui basti citare i polesani Vincenzo Boraso con la sua “Cronaca lendinarese” e il “Diario” del rodigino Gioacchino Masatto, che fu in rapporto con Francesco Girolamo Bocchi.

E’ in tale quadro, quindi, e nella prospettiva accennata, che va collocata la stesura di questi “Annali”, condotta nell’arco di un secolo, fra la metà del ‘700 e la metà dell’ ‘800, dai quattro estensori che li annotarono. L’avvio degli “Annali” di Giuseppe Lorenzo Guarnieri con le prime note del 1745, e poi la ripresa e la continuazione di Francesco Girolamo Bocchi (a cui il bicentenario della morte, quest’anno, dovrebbe rendere e giustificare il meritato riconoscimento di “fondatore” della moderna ricerca storica adriese) obbediscono dunque all’impulso di documentare le vicende della Città, perché se ne affidi memoria alle carte e, dunque, al futuro. Lo richiedono e lo giustificano la nobiltà di Adria, il suo prestigio plurisecolare, che sono dati –s’è detto- dalla storia antica rinnovata e vivificata nei ritrovamenti archeologici e dalla costituzione originaria della sede episcopale. Sono questi i presupposti che motivano e accomunano gli annalisti citati ai loro continuatori, don Stefano Bocchi –fratello di Girolamo- e infine Benvenuto Bocchi –figlio di Girolamo e padre di Francesco Antonio, il glorioso storico ottocentesco-.
Naturalmente ciascuno riflettendo qualche tratto della propria personalità, come Pastega chiarisce nelle pagine che seguono.

Nell’insieme le note mostrano alcuni elementi di fondo che le rendono un corpus omogeneo. Suggeriscono una considerazione preliminare che non pare trascurabile: non sono note pronte per la stampa, curate come lo sono (e lo erano) i testi destinati alla pubblicazione editoriale; questo spiega non tanto l’eterogeneità delle annotazioni quanto piuttosto –soprattutto- lo stile o meglio gli stili delle scritture, tese a registrare l’essenziale, le cose e i fatti, dal punto di vista personale e individuale –domestico, in senso proprio-, senza la ripulitura formale sul piano espressivo e il corredo anche minimamente documentario che accredita osservazioni, dati, notizie quando appunto si preparano testi di tal fatta per la stampa.

Queste memorie hanno un carattere vario, s’è detto, come è tipico di questa diaristica, che si muove fra il familiare e il civile, fra il personale e il pubblico. Registrano avvenimenti diversi, da quelli ecclesiastici (preponderanti all’eccesso): il Giubileo del 1751, visite e ingressi di Vescovi, fino a minute contese di canonici; a quelli politici e militari, soprattutto nei momenti di svolta quali il 1797 delle truppe e degli occupanti Francesi, o il 1813-14 del definitivo dominio austriaco; da quelli atmosferici o idraulici, soprattutto di rotte, allagamenti, disastri, provocati dal Po, dall’Adige, dall’Adigetto; a quelli di ritrovamenti archeologici e di scavi condotti a più riprese in diverse zone della Città, oltre che di visite illustri alla collezione domestica di antichità dei Bocchi; da quelli che elogiano personaggi meritevoli di buona memoria per le loro virtù morali e civili; a quelli familiari di nascite, morti, matrimoni con qualche cenno di tipo patrimoniale; a quelli extravaganti, per dir così, nella loro occasionalità straordinaria o eccezionale, di portata locale o generale: un suicidio, un viaggio a Milano, un “globo aerostatico”, una principessa che fischia come un uomo dalla sua imbarcazione, feste balli e spettacoli e diverse celebrazioni, fino alla memoria dell’assalto degli “insorgenti”. E questa pagina sugli “insorgenti”, che Francesco Girolamo Bocchi riserva a un fenomeno che fu su scala ben più ampia che il Polesine, come da tempo si è messo in luce, assai importante per estensione, motivi, manifestazioni, è nella sua stringatezza un piccolo fascio di luce su aspetti e problemi politico-sociali che, comunque giudicati, in realtà sono assenti nelle note: a parte qualche sporadico cenno su povertà e carestie provocate da calamità naturali, questi rappresentanti della piccola nobiltà provinciale non si peritano minimamente di considerare le condizioni delle classi popolari, dei contadini, dei cannaroli…

Lo studioso, il ricercatore, il semplice appassionato possono esercitare la lettura secondo le
diverse motivazioni, sempre scoprendo ragioni di interesse, di approfondimento, di curiosità. Solo
per esemplificare, pazientando fra le innumerevoli note sui Vescovi e i canonici, si ricavano notizie sulla presenza di quattro spezierie nel primo ‘800; su vari soprannomi familiari, Fornarin, Beccanella, Bizzarro, Fanan tra gli altri; su personaggi interessanti o curiosi, magari condotti ad Adria dalle scorrerie e occupazioni militari, non solo alti ufficiali ma anche una figura da opera buffa come il barbiere che sbeffeggia i soldati austriaci; su tradizioni consolidate fra Carnevale, feste, ricorrenze, un cenno alla Sagra di San Rocco di Valliera, una Cuccagna; sulle rappresentazioni teatrali, a partire dall’origine del teatro di S. Stefano. Non mancano cenni interessanti, note con qualche fondo umoristico, e alcuni giudizi trancianti, su personaggi adriesi e anche su uomini di chiesa: per dire, un quasi comico episodio con protagonista l’avaro e ricchissimo Marcantonio Bocchi (il padre di Carlo Bocchi), un prete –Marcello Ferrarese- morto pieno di debiti per lusso e altro (donne?); e poi giudizi sorprendenti, lasciati dalla penna di Benvenuto, su qualche Vescovo (viene mandato letteralmente al diavolo, alla memoria, il padovano Speroni); o giudizi penetranti sulla realtà adriese e sul rapporto tormentato con Rovigo: “i Rovighesi hanno maggior Politica”, mentre Adria ha un difetto, quello di riscaldarsi con fuochi di paglia seguiti da “raffreddamento” e “deprecabile trascuranza”. Non a caso, del resto, visto che Benvenuto, con l’eccesso della sua attenzione alle cose ecclesiastiche e il suo spirito accesamente antirodigino, è quello che maggiormente fa trasparire qualche tratto individuale, certi suoi personali sentimenti; e risentimenti, come mostrano le rancorose parole riguardo all’ “esproprio” di un suo terreno per costruirvi il Cimitero adriese.

In generale, chi scrive questi annali non ha alcuna consapevole intenzionalità autobiografica, alcuna volontà introspettiva. E per altro descrive cose, fatti, persone quasi sempre come “dati”, senza cioè tentarne spiegazioni o interpretazioni; molto raramente il cronista di turno lascia affiorare un abbozzo di giudizio, un cenno di riflessione che non sia una generica e moralistica deprecazione, per esempio, sulla “malizia” dei tempi. Anche l’io che narra è un dato, in sostanza, al pari della realtà che viene annotata.
Salve restando, naturalmente, le considerazioni che sopra si sono individuate quali ragioni e motivazioni di questi scritti.

Questo materiale inedito, prezioso curioso e interessante, fondamentale per la ricostruzione storica moderna della nostra Città, abbisogna per altro di necessaria contestualizzazione, di opportuno e adeguato inquadramento proprio al fine di valorizzarne i tanti aspetti intrinseci. Qualche passo, alcune note erano già stati utilizzati (anche da chi scrive) in altre occasioni. Ma occorreva recuperare l’intero corpus, non solo per salvaguardarlo dalle insidie anche materiali del tempo ma pure e soprattutto per renderlo appunto fruibile, e utilmente proficuo alla storia della Città.

Merito di Pastega è quello di averlo fatto, rendendo esplicito il testo ove occorreva, inquadrandolo nel contesto locale e richiamando con cenni didattici lo sfondo storico più ampio, dettagliatamente chiarendo tanti singoli punti e riferimenti. E di averlo corredato di una ricca cartografia in funzione sì esplicativa ma anche di approfondimento e arricchimento del testo. In tal modo dando un ulteriore e pregevole contributo alla memoria storica adriese.

Euro 19,00

ISBN: 9788888786780

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