Neuro di seppia è un piccolo libro che nasce da grandi idee, un divertente e scanzonato gioco con le parole, un’arguta e brillante cornucopia di doppi sensi, calembours, invenzioni linguistiche. La descrizione della trasferta di una band musicale ingaggiata per esibirsi ad una festa, diventa essa stessa una festa per il lettore. I protagonisti, degli strampalati musicisti, si ritrovano ad oltrepassare una fantomatica ed irreale “dogana”, oltre la quale tutto è gioco, burla, stranezze, irrealtà. Un comitato d’accoglienza alquanto originale li introduce ad un insolito Luna Park, ad un banchetto a base di ricette demenziali quanto irrealizzabili ed infine ad un palco dove esibirsi, che definire strano è dir poco. L’autore, Claudio Beorchia, vive lo stato di grazia di una mente caleidoscopica che lo porta ad essere artista, grafico,musicista. Incrociando le sue esperienze si balocca con le parole, fa incontrare mondi diversi sul terreno del divertimento, sempre con grande ironia e arguzia, intrattiene il lettore e lo impegna nella ricerca dei suoi scherzi, ovviamente senza prendersi mai troppo sul serio. La lettura diventa quindi una appassionante caccia al tesoro. (T.B.)
Claudio Beorchia è venuto al mondo nel 1979 e conta di restarci ancora un bel po’. Perito industriale, è risorto con lo studio del design e delle arti visive. Attualmente è borseggiatore di studio nell’ambito della new media art, anche se non ha ancora capito cosa vuol dire. Si diletta così nella professione del grafico e dell’insegnante. E canta che gli passa. Questa è la sua prima volta come scrittore.
Ma ecco un'intervista per conoscere direttamente Claudio al suo esordio letterario con il “romanzo ganzo” Neuro di Seppia (Kellermann Editore).
Claudio Beorchia, classe 1979, è nato a Vercelli da padre friulano e madre veneta e vive dall’età di 6 anni a Refrontolo, sulle splendide colline del Passito, nel trevigiano. Un simile paesaggio non può lasciare indifferenti e si scolpisce nel DNA di chi è nato e vive lì. Che cosa ci dici in proposito?
Beh, certamente la cifra bucolica di un paesaggio di tale bellezza assoluta è qualcosa che uno si porta dentro. Sicuramente la tranquillità dei luoghi in cui vivo si è rivelata una specie di laboratorio naturale che è diventato il mio laboratorio personale, in cui gioco con la decostruzione del linguaggio, dove mi diverto a smontare e rimontare le parole.
Vuoi farti conoscere dai nostri lettori e parlarci della tua formazione e della tua occupazione attuale?
Sono laureato in design e arti visive ed ho una grande passione per la storia dell’arte, materia che insegno con delle supplenze a scuola. La mia occupazione attuale riguarda la grafica e il design. Mi piace pensare a soluzioni originali nell’ambito dell’illustrazione e dell’interaction design. Attualmente sto frequentando un corso di New Media Art all’Accademia di Brera di Milano, per il quale ho vinto una borsa di studio.
E di te come persona che cosa ci dici?
Ho un carattere molto riservato, riflessivo, sono un tipo di poche parole. Il pensiero ha la precedenza sulla parola, per quel che mi riguarda.
E i tuoi hobbies?
Beh, la musica sopra tutti. Sono un onnivoro della musica, ascolto un po’ tutti i generi, da Leonard Cohen allo ska. E poi suono la chitarra, canto e compongo canzoni. Faccio parte di una band. Con alcuni amici abbiamo messo insieme vari strumenti: fisarmonica, basso, chitarra, batteria, tromba, sax. Naturalmente eseguiamo solo musiche originali.
Quelle composte da te?
Sì, ma non solo. Ogni componente della band ci mette del suo intervenendo con dei contributi. Ci esibiamo nei locali e nei festival, un po’ dove capita insomma.
E come si chiama questo gruppo?
NeuroDisney Band.
Ma quindi c’è un legame con l’argomento principale di questa intervista: il tuo romanzo Neuro di Seppia. Cosa significa per te allora la parola “neuro”?
Neuro per me è sostanzialmente un’attitudine, un vedere le cose in modo diverso, un trovare collegamenti fra le cose più disparate, sempre con grande ironia.
E veniamo al libro: è il tuo esordio narrativo. Come ci sei arrivato? Cosa ti ha spinto a scrivere?
Innanzitutto, se sono arrivato in libreria, lo devo alla fiducia concessami dall’editore Kellermann. La passione per la parola scritta, più che per quella pronunciata, l’ho sempre avuta. Ho sempre composto i testi delle mie canzoni e trovo congeniale questo modo di esprimere la mia creatività. Mi piacerebbe davvero che quello che scrivo esistesse. Filtro la realtà che mi circonda attraverso la scrittura, rielaboro luoghi e fatti divertendomi a distorcerli, a volte neanche tanto però.
Vuoi dire che la realtà è molto più pazza di quello che sembra?
Beh, certo.
Vuoi dirci qualcosa della trama del tuo romanzo?
E’ la cronaca delle avventure/disavventure di un gruppo musicale invitato a suonare ad una festa di paese. Sia il luogo che i personaggi che vi incontreranno e le situazioni che vivranno sono del tutto paradossali, fuori dalla realtà e dagli schemi.
E ti sei ispirato alle vostre trasferte reali con la Neuro Disney Band?
Beh, sì. L’attitudine della mia band nelle trasferte è la stessa che ho riprodotto nel libro. In realtà la vicenda è solo il pretesto che mi ha permesso di divertirmi a giocare con le parole. Ho voluto creare una trama, una storia compiuta che facesse da supporto al mio trastullarmi con i vocaboli. L’uso scanzonato del linguaggio è una cosa che mi ha sempre attratto: scomporre le parole, creare doppi sensi, calembours, paradossi. La lingua e le sue sfaccettature sono qualcosa di estremamente affascinante e mi intriga moltissimo indagarla, scomporla e ricomporla, scoprirne le sfumature più diverse, cercare gli accostamenti di significati inusuali, inaspettati.
Insomma, ti sei baloccato con qualcosa che sta tra la linguistica e l’enigmistica, creando una divertente e stimolante caccia al tesoro per il lettore, che gioca anch’esso alla scoperta dei tuoi trabocchetti, fatti di parole che fanno le capriole. Non a caso il sottotitolo parla di “parole deliranti”. E’ una capacità innata, questa che hai, o ci sono dietro uno studio e un lavoro particolari?
No, mi vengono proprio così, senza nessuno sforzo, credo sia qualcosa di innato in me, una specie di atteggiamento dadaista, se vogliamo.
Un bel talento, direi piuttosto, supportato da una grande fantasia e da un senso dell’umorismo ancora più grande. Ma insomma questo “romanzo ganzo” come lo definiresti e a che tipo di lettore lo consiglieresti?
Beh, la dicitura “romanzo ganzo” vuole essere qualcosa di stravagante, fuori dagli schemi, per essere in linea con il testo, che non è un romanzo nel senso tradizionale del termine. Anche la copertina l’abbiamo studiata a lungo con l’editore per creare un impatto visivo forte, inconsueto, che rendesse subito l’idea dell’originalità del contenuto. Devo riconoscere che nell’accettare le sfide Roberto Da Re Giustiniani, il titolare della Kellermann, dimostra un coraggio raro, una capacità e allo stesso tempo una volontà di rottura davvero poco comuni. Per quanto riguarda poi il tipo di lettore cui lo consiglierei, beh, ovviamente a tutti, ma soprattutto vorrei invitare i lettori a non prendersi mai troppo sul serio, a riscoprire il lato ludico che c’è in ognuno di noi, a lasciarsi portare dal testo e a cercare di divertirsi, magari ad inventare nuovi giochi di parole o situazioni paradossali e a comunicarmele poi, perché no? Anzi mi piacerebbe proprio ricevere suggerimenti e proposte per costruire insieme una nuova avventura della band di Neuro di Seppia, perché no?
Benissimo allora, il lettore è avvisato: la Kellermann attende i vostri contributi, ma anche le critiche, ben inteso, tutto ciò che possa servire a maturare nuove esperienze costruttive. E quindi non possiamo che augurare buona lettura a tutti e buona fortuna a Claudio Beorchia.
E veniamo al libro: è il tuo esordio narrativo. Come ci sei arrivato? Cosa ti ha spinto a scrivere?
Innanzitutto, se sono arrivato in libreria, lo devo alla fiducia concessami dall’editore Kellermann. La passione per la parola scritta, più che per quella pronunciata, l’ho sempre avuta. Ho sempre composto i testi delle mie canzoni e trovo congeniale questo modo di esprimere la mia creatività. Mi piacerebbe davvero che quello che scrivo esistesse. Filtro la realtà che mi circonda attraverso la scrittura, rielaboro luoghi e fatti divertendomi a distorcerli, a volte neanche tanto però.
Vuoi dire che la realtà è molto più pazza di quello che sembra?
Beh, certo.
Vuoi dirci qualcosa della trama del tuo romanzo?
E’ la cronaca delle avventure/disavventure di un gruppo musicale invitato a suonare ad una festa di paese. Sia il luogo che i personaggi che vi incontreranno e le situazioni che vivranno sono del tutto paradossali, fuori dalla realtà e dagli schemi.
E ti sei ispirato alle vostre trasferte reali con la Neuro Disney Band?
Beh, sì. L’attitudine della mia band nelle trasferte è la stessa che ho riprodotto nel libro. In realtà la vicenda è solo il pretesto che mi ha permesso di divertirmi a giocare con le parole. Ho voluto creare una trama, una storia compiuta che facesse da supporto al mio trastullarmi con i vocaboli. L’uso scanzonato del linguaggio è una cosa che mi ha sempre attratto: scomporre le parole, creare doppi sensi, calembours, paradossi. La lingua e le sue sfaccettature sono qualcosa di estremamente affascinante e mi intriga moltissimo indagarla, scomporla e ricomporla, scoprirne le sfumature più diverse, cercare gli accostamenti di significati inusuali, inaspettati.
Insomma, ti sei baloccato con qualcosa che sta tra la linguistica e l’enigmistica, creando una divertente e stimolante caccia al tesoro per il lettore, che gioca anch’esso alla scoperta dei tuoi trabocchetti, fatti di parole che fanno le capriole. Non a caso il sottotitolo parla di “parole deliranti”. E’ una capacità innata, questa che hai, o ci sono dietro uno studio e un lavoro particolari?
No, mi vengono proprio così, senza nessuno sforzo, credo sia qualcosa di innato in me, una specie di atteggiamento dadaista, se vogliamo.
Un bel talento, direi piuttosto, supportato da una grande fantasia e da un senso dell’umorismo ancora più grande. Ma insomma questo “romanzo ganzo” come lo definiresti e a che tipo di lettore lo consiglieresti?
Beh, la dicitura “romanzo ganzo” vuole essere qualcosa di stravagante, fuori dagli schemi, per essere in linea con il testo, che non è un romanzo nel senso tradizionale del termine. Anche la copertina l’abbiamo studiata a lungo con l’editore per creare un impatto visivo forte, inconsueto, che rendesse subito l’idea dell’originalità del contenuto. Devo riconoscere che nell’accettare le sfide Roberto Da Re Giustiniani, il titolare della Kellermann, dimostra un coraggio raro, una capacità e allo stesso tempo una volontà di rottura davvero poco comuni. Per quanto riguarda poi il tipo di lettore cui lo consiglierei, beh, ovviamente a tutti, ma soprattutto vorrei invitare i lettori a non prendersi mai troppo sul serio, a riscoprire il lato ludico che c’è in ognuno di noi, a lasciarsi portare dal testo e a cercare di divertirsi, magari ad inventare nuovi giochi di parole o situazioni paradossali e a comunicarmele poi, perché no? Anzi mi piacerebbe proprio ricevere suggerimenti e proposte per costruire insieme una nuova avventura della band di Neuro di Seppia, perché no?
Benissimo allora, il lettore è avvisato: la Kellermann attende i vostri contributi, ma anche le critiche, ben inteso, tutto ciò che possa servire a maturare nuove esperienze costruttive. E quindi non possiamo che augurare buona lettura a tutti e buona fortuna a Claudio Beorchia.
Scheda Libro
Prima edizione: maggio 2010Formato: cm 14 x 21 Pagine: 96Illustrazioni: disegni B/NConfezione: brossura Collana: “BaNlieues”Genere: Narrativa ISBN: 978-88-86089-69-2Prezzo: € 10,00
info @ Kellerman Editore
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